Vivere sotto la mafia
Noi in Centro e Nord Italia siamo abituati a guardare con supponenza a quello che succede al Sud dove la popolazione è impaurita dalle mafie e sopporta, e c’è omertà.
Molti al Nord pensano: ma che uomini sono i meridionali che si fanno mettere sotto dai mafiosi.
A noi in Abruzzo vivere sotto le riserve ci insegna a non essere ingiusti nel giudizio verso chi al Sud deve convivere con le mafie.
Perché poi vediamo anche qui da noi la paura di criticare, di esporsi, anche un minimo, il disperato tentativo di arruffianarsi i padroni verdi, l’annullamento della dignità, il legame tra verdi e politica.
Il cittadino/contadino è schiacciato, solo, terrorizzato.
Se c’è la riserva puoi in ogni momento avere una denuncia penale grave, fino a 18 mesi di carcere, per qualsiasi sciocchezza, ridipingi le persiane di casa, fai una piccola tettoia, brecci un piazzaletto per non far sprofondare il trattore nel fango, addirittura se poti i tuoi ulivi. Sei sempre sotto minaccia, ricattabile. E le squadre della milizia verde perlustrano il territorio.
Vivendo in Abruzzo sotto le riserve riusciamo a capire perché ai funerali dei boss mafiosi partecipa tutta la popolazione e il Prete marcia davanti al corteo e il Sindaco fa l’orazione funebre.
I giornalisti, anche quelli della RAI, sempre deferenti e con grandissimo rispetto verso gli “uomini d’onore”.
Vivere sotto le riserve in Abruzzo ci fa capire ed essere solidali con i nostri fratelli meridionali.
Il cittadino-contadino è annientato da uno Stato che è assente e da una politica che è addirittura complice delle mafie.
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